Da quando è nata l’Unione Europea non sono più i singoli Stati a prendere decisioni in merito perché devono fare riferimento a quelle che sono le Direttive Comunitarie in materia di sicurezza sul lavoro.
Tutte queste direttive, elaborate a livello europeo, hanno influenzato la stesura e le modifiche successive del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro in Italia.
La normativa italiana in materia di salute e sicurezza si caratterizza per la sua eccessiva complessità, privilegiando spesso l’adempimento formale rispetto a quello sostanziale, con un apparato sanzionatorio prescrittivo e punitivo a volte inefficace visto i risultati.
Il tema della sicurezza sul lavoro riguarda allo stesso modo il Datore di Lavoro ed i suoi collaboratori, che spesso lavorano gomito a gomito, condividendo tutti i rischi. È proprio perché vogliamo ridurre al minimo gli infortuni ed azzerare quelli mortali, che occorre contrastare l’idea che la sicurezza sul lavoro si possa realizzare solo con più burocrazia. Al contrario, le norme vanno semplificate, rese più chiare e semplici da applicare, privilegiando le evidenze oggettive rispetto a quelle cartacee. La cultura delle carte a posto deve essere sostituita con quella degli adempimenti e comportamenti sostanziali realmente utili a prevenire gli infortuni sul lavoro.
IN ITALIA TROPPA BUROCRAZIA E POCA REVENZIONE
Non che tra gli ispettori delle Asl e del ministero del Lavoro manchino competenze. Tutt’altro. Se alla scarsità dei fondi per intensificare i loro controlli e agli insufficienti investimenti per la prevenzione, aggiungiamo la farraginosità delle regole ci troviamo in un vero e proprio caos. Comprendiamo perché la politica anti-infortunistica Italiana resti ancora indietro. L’ascensore dell’ufficio è omologato dalla Asl, il ponteggio è collaudato dall’Ispettorato del Lavoro, i montacarichi sono di competenza dell’Ispesl (ormai INAIL). Sono solo alcuni esempi di come le competenze siano frantumate su molti Enti a volte dissimili tra loro o peggio che hanno ereditato il compito da una normativa ormai superata
A cosa serve che la denuncia di installazione di una caldaia superiore a 116 kW produca una matricola 13 anni dopo?
A cosa serve che si metta in piedi un Green Pass ma non si chiariscano immediatamente i passaggi operativi?
A cosa serve avere l’obbligo della formazione se poi quello che fa fede è un pezzo di carta (indipendentemente da come sia stato ottenuto)?
Ereditiamo un sistema sabaudo del “timbro tondo” e invece di migliorarlo lo stiamo rendendo ancora più pesante. Più oneri per le aziende ma con pochi controlli, gli unici che per la nostra cultura sarebbero sufficienti a cambiare le cose.
Se facessimo leggi semplici, ma avessimo controlli a tappeto (oggi circa il 10% delle aziende viene controllato annualmente, troppo poche per incidere in qualche modo) forse in qualche decennio, la cultura sarebbe molto diversa.
Forse questo approccio risulta “politicamente scomodo”? Ricordo ancora l’affermazione di un neo ministro del Lavoro che nel 2008 disse: La sicurezza sul lavoro non si fa con le sanzioni
In Germania forse, in Francia, in Inghilterra, … in tanti paesi non si fa con le sanzioni. In Italia. dove ancora pensiamo a come dobbiamo aggirare le norme perché non vogliamo rispettarle a prescindere (non importa se è una norma giusta o meno, vogliamo sentirci liberi di fare quel che vogliamo), l’unico modo è educare la massa che un certo tipo di regole si rispetta a prescindere. Allora forse non servirebbero “attestati” di formazione, ma persone competenti in grado di lavorare in sicurezza. Non servirebbero DVR venduti a peso (della carta stampata), ma Documenti Programmatici che siano utili per sapere cosa fare
Ai posteri l’ardua sentenza