STOP ALLA PLASTICA, MA LA VERA RIVOLUZIONE CIRCOLARE È SVILUPPARE SISTEMI DI RIUSO

Le recenti normative europee sull’economia circolare e contro la plastica usa e getta sembrano muovere nella direzione giusta. Ma per risolvere il problema sono necessari una riprogettazione dei cicli produttivi e dei cambiamenti importanti nel sistema di raccolta differenziata

 

Negli ultimi anni, la lotta contro l’inquinamento da plastica ha guadagnato terreno e visibilità, portando a politiche mirate alla riduzione dell’uso della plastica monouso. Tuttavia, per realizzare una vera rivoluzione circolare, è necessario andare oltre il semplice stop alla plastica e sviluppare sistemi di riuso che riducano il nostro impatto sull’ambiente e permettano di risparmiare risorse preziose.

Il problema della plastica monouso

La plastica monouso ha invaso il nostro pianeta e sta causando danni irreparabili agli ecosistemi marini e terrestri. Ogni anno, milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, uccidendo la fauna marina e inquinando le nostre coste. La plastica si degrada lentamente, frammentandosi in microplastiche che entrano nella catena alimentare e arrivano infine anche ai nostri piatti.

Le politiche di riduzione dell’uso della plastica monouso sono un passo importante nella giusta direzione, ma non sono sufficienti per affrontare il problema nella sua complessità. La vera sfida è quella di passare da un’economia lineare, in cui i prodotti vengono creati, utilizzati e poi smaltiti, a un’economia circolare, in cui le risorse vengono riutilizzate più volte e il valore dei materiali viene mantenuto il più a lungo possibile.

 Sviluppare sistemi di riuso

Il riuso è un pilastro fondamentale dell’economia circolare e può assumere diverse forme: dal riutilizzo degli imballaggi al recupero di componenti e materiali per la creazione di nuovi prodotti. Sviluppare sistemi di riuso significa ripensare il modo in cui progettiamo, produciamo e consumiamo i beni, incoraggiando la condivisione, la riparazione e la rigenerazione invece che la semplice sostituzione.

Alcuni esempi di sistemi di riuso sono i depositi cauzionali per bottiglie di vetro o plastica, che incentivano il consumatore a riportare l’imballaggio vuoto in cambio di un rimborso. Inoltre, sempre più aziende stanno introducendo modelli di business basati sul “prodotto come servizio”, in cui gli oggetti vengono noleggiati invece che venduti, estendendo così la vita utile dei prodotti e riducendo la necessità di produrne di nuovi.

Che prospettive ci sono a riguardo?

C’è un programma internazionale della Ellen MacArthur Foundation molto partecipato dall’industria dei beni di largo consumo che si chiama “The New Plastics Economy” che ha pubblicato nel 2017 il piano di azione “Catalysing Actions” che indica nel dettaglio quali strategie vadano applicate per evitare che la plastica venga riciclata in minima parte e finisca dispersa nell’ambiente. Le strategie sono sostanzialmente tre:

  1. la riprogettazione per quel 30% di imballaggi immessi al consumo in peso che sono praticamente impossibili da riciclare
  2. il riuso per il quel 20% di imballaggi in plastica che comprende sia gli imballaggi che entrano nelle nostre case che gli imballaggi industriali B2B come cassette, fusti, pallet e contenitori vari utilizzati, ad esempio anche dai fornitori della grande distribuzione per trasportare prodotti come ortofrutta, carni, ecc.
  3. infine il restante 50% degli imballaggi in plastica immesso al consumo dovrebbe essere reso facilmente riciclabile senza perdite di valore come avviene con il downcycling.

Per raggiungere l’obiettivo della riciclabilità vanno seguite le linee guida prodotte dai riciclatori nella progettazione e andare verso una standardizzazione e semplificazione del packaging, convergendo verso un numero ristretto di polimeri. Ma siccome le misure volontarie come l’adesione volontaria a programmi come l’iniziativa prima citata non sono sufficienti per avere il cambio di rotta necessario da parte delle aziende, servono quadri legislativi che rendano economicamente conveniente in primis la prevenzione dei rifiuti da imballaggio: attraverso la dematerializzazione del packaging (cambio dei metodi di commercializzazione/erogazione dei prodotti), il riuso attraverso misure che prevedano obiettivi vincolanti di riuso, oltre che di riciclo o materia post consumo riciclata nelle produzioni. Quindi una buona parte delle ricette le conosciamo, il problema è metterle in pratica coinvolgendo tutti i portatori di interesse che si rivelano indispensabili per un cambiamento della situazione attuale. Purtroppo molte delle azioni sin qui rese note dai grandi Brand che aderiscono al programma si concentrano prevalentemente sulla strategia del riciclo, più che su strategie di prevenzione e riuso. In parallelo si nota anche una tendenza spiccata da parte delle aziende nel sostituire, ove possibile, la plastica con altri materiali da imballaggio che non parrebbe essere frutto di una valutazione degli impatti ambientali delle alternative considerate.

Conclusioni

La lotta contro l’inquinamento da plastica è una sfida globale che richiede l’impegno di governi, imprese e cittadini. Lo stop alla plastica monouso è un passo importante, ma non sufficiente per garantire un futuro sostenibile. La vera rivoluzione circolare avverrà solo quando saremo in grado di sviluppare sistemi di riuso che riducano il nostro impatto sull’ambiente e permettano di risparmiare risorse preziose.

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario promuovere l’innovazione e la ricerca, incentivare la progettazione ecocompatibile e investire in infrastrutture per la raccolta e il riciclo dei materiali. Inoltre, è importante sensibilizzare il pubblico sull’importanza del riuso e incoraggiare comportamenti responsabili da parte dei consumatori.

Insieme, possiamo costruire un futuro in cui la plastica monouso sia solo un lontano ricordo e in cui l’economia circolare sia la norma, garantendo un pianeta più pulito e sostenibile per le generazioni future.